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Prestiti personali e comunione dei beni

Quando ci si appresta a richiedere un finanziamento, l’istituto di credito tra le altre cose vuole avere informazioni sullo stato civile del cliente: prestiti personali e comunione dei beni rappresentano un connubio importante ai fini della valutazione, poiché il vincolo matrimoniale e il regime scelto per i beni in comune tra i due coniugi inevitabilmente influenzano lo stato patrimoniale del richiedente. Una banca o società finanziaria valuterà sempre con estrema attenzione le due differenti ipotesi, ovvero separazione o comunione dei beni, sia al fine di accertare l’effettiva consistenza patrimoniale di chi richiede il finanziamento, ma anche per acquisire delle garanzie collaterali a tutela dello stesso in caso di insolvenza per mancato pagamento delle rate. Vediamo allora cosa comporta la comunione dei beni nell’ambito dei prestiti personali, cosa prevedono in materia le norme del codice civile che regolano questo tipo di rapporti e come viene regolata la situazione debitoria.

comunione beni

Cos’è la comunione dei beni

Come abbiamo anticipato la banca durante l’iter di valutazione accerta lo stato della persona fisica richiedente e, qualora questa risultasse coniugata, deve appurare, mediante copia dell’atto di matrimonio, se esista un regime di separazione dei beni o di comunione dei beni tra i coniugi, un aspetto che inevitabilmente andrà ad incidere sulla situazione patrimoniale ed economica del soggetto. Mentre con il regime della separazione dei beni ciascun coniuge risponde delle obbligazioni assunte soltanto con il proprio patrimonio,

la comunione dei beni comporta che qualsivoglia bene acquistato da ciascun coniuge, anche separatamente, sia da considerarsi di proprietà anche dell’altro coniuge, e quindi rientrante di diritto nella comunione.

Secondo l’articolo 177 del codice civile fanno parte della comunione:

  • Beni acquistati insieme o separatamente durante il matrimonio
  • Proventi dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione, come ad esempio i ricavi risultanti dall’affitto di un appartamento che era di proprietà di uno dei due coniugi prima della contrazione del matrimonio
  • Proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi e non consumati allo scioglimento della comunione, quali ad esempio stipendi e onorari professionali
  • Aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Se le aziende appartengono ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio, ma risultano gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi

Come influenza un prestito la comunione dei beni?

Se è relativamente semplice la situazione in regime di separazione dei beni, per l’erogazione di un prestito personale è più complicato lo stato del richiedente che risulti coniugato con la comunione dei beni: per questa fattispecie entra in gioco la norma dell’art. 159 del codice civile che regola tale regime patrimoniale. Per l’istituto di credito la questione è legata alla valutazione dell’incidenza sul patrimonio del richiedente, giacché l’ammontare di un finanziamento, specie se concesso a persone fisiche, è sempre commisurato in prima istanza al valore dei cespiti compresi nel patrimonio. In questo modo la banca, a tutela del denaro concesso, è informata su quali beni mobili e immobili possa rivalersi in caso di insolvenza del proprio cliente, secondo quanto prevedono le politiche di rischio del proprio istituto. Da questo punto di vista,

la banca o società finanziaria che concede il credito tende a privilegiare una stipulazione del contratto di finanziamento da parte di entrambi i coniugi, in modo da potersi eventualmente rivalere, in caso di insolvenza, sui beni soggetti a comunione.

Prestito con comunione dei beni: documenti e clausole

Quale documentazione in caso di prestito personale con comunione dei beni? Generalmente la banca richiederà al coniuge in regime di comunione i seguenti documenti:

  • La sottoscrizione per coobbligazione dell’altro coniuge
  • L’accettazione di entrambi alla deroga dell’art. 190 c.c.

Questa deroga da sottoscrivere è una clausola che autorizza espressamente l’ente che eroga il credito ad agire in via principale e non sussidiaria anche sui beni personali di ciascuno dei coniugi. Ma se il coniuge del soggetto richiedente non volesse essere coinvolto fino a questo punto? C’è un’altra opzione possibile da offrire alla banca, ovvero una semplice fideiussione da parte del coniuge, benché ci pare giusto sottolineare che non tutti gli istituti di credito accettino tale soluzione alternativa, poiché in tal caso la finanziaria potrebbe soltanto pignorare i beni personali del coniuge affidato e i beni personali del coniuge garante, mentre i beni della comunione risulterebbero pignorabili soltanto in subordine e con priorità riservata ai creditori della comunione.

Nel caso in cui invece il prestito venga richiesto da entrambi i coniugi, la banca diventa creditrice della comunione senza null’altro da eccepire, e pertanto i beni personali dei coniugi sarebbero pignorabili solo in un secondo momento.

Chi risponde dei debiti in comunione dei beni?

In ultima istanza vediamo che succede se i debiti vengono contratti da un coniuge separatamente, ma nell’interesse della famiglia: in tal caso i coniugi rispondono prima con i beni della comunione, e in un secondo momento con quelli personali, secondo quanto regolato dall’art. 191 del codice civile. Questo vuol dire che

i creditori dapprima si rivalgono sui beni facenti parte della comunione, e in caso risultassero insufficienti il debito verrebbe risarcito mediante i beni del solo coniuge che lo ha contratto. Se i beni del coniuge contraente risultassero ancora insufficienti, solo a quel punto i creditori potrebbero pignorare i beni dell’altro coniuge, fino a un massimo della metà del credito.